martedì 27 settembre 2011

Neutrini, tunnel e neutreni. Papere di Gelmini e Obama.

 Noi italiani abbiamo un problema, uno fra tanti: non riusciamo a concentrarci sulle questioni effettivamente rilevanti che, anzi, spesso ci scivolano addosso meritandosi al massimo un'alzata di spalle così, proforma.

Al contrario riusciamo ad appassionarci totalmente del futile, fino a farlo diventare un caso nazionale, una questione cruciale da cui potrebbero dipendere le sorti delle future generazioni.

sabato 24 settembre 2011

Referendum Elettorale: Biscottum?

Ci risiamo, altro gazebo altro referendum stavolta contro il "porcellum" per reinserire la preferenza nel rinnovo del Parlamento.

Detto ciò, con il reintegro delle preferenze il cittadino è così sicuro di scegliere?

Ci lamentiamo sempre di alcuni malcostumi della politica italiana, come quello del voto di scambio, delle clientele...

Ma non è che proprio la caccia alla preferenza da parte dei politici favorisca questo rovescio della medaglia?

venerdì 23 settembre 2011

Attenzione: caduta Silvio!

"Un'altra vittoria così e sarò perduto"


Alla fine Milanese è stato salvato, il PdL ha dato prova di compattezza, la Lega si è dimostrata - almeno per ora - un'alleata affidabile... quindi tutto ok, vero?

 Direi di no. Il voto sull'ex-PdL ed ex collaboratore di Tremonti rappresenta di sicuro un successo, ma ottenuto a quale prezzo?

sabato 17 settembre 2011

L'Italia s'è rotta. E Paragone?

Diciamoci la verità: per questa volta del tema della puntata de l'Ultima Parola non ci interessava granché. L'Italia si è rotta, vero, sia nel senso di spezzata che stufa, ma di questo facciamo esperienza sulla nostra pelle tutti i giorni e, purtroppo, non solo dall'inizio di questa crisi che ha solo acuito i conflitti. 


Molto interesse era stato creato attorno al programma stesso con il suo conduttore, riguardo ai quali si era generata una non trascurabile discussione prevalentemente in area centrodestra. Avevano destato scalpore, e non erano state perdonate, alcune dichiarazioni apertamente critiche di Paragone verso l'operato del Governo, della maggioranza parlamentare e del suo stesso partito di riferimento, la Lega Nord. Insomma di tutto il blocco di centrodestra per come lo abbiamo conosciuto in questi ultimi anni. 
"Ma come - si diceva - proprio Paragone che, per sua stessa ammissione, deve il suo posto in Rai al suo essere in quota Lega ora sputa nel piatto in cui mangia? Si sarà mica Santorizzato?"


Ecco la parola chiave: Santorizzazione, termine che risulta in realtà calzante ma non nel senso con cui lo si è adoperato in area centrodestra. Bisogna mettersi d'accordo su cosa significhi davvero; pensare che Paragone possa esser d'un tratto diventato di quella sinistra massimalista e giustizialista rappresentata dall'ex conduttore di Annozero è, ci perdonerete, da Trattamento Sanitario Obbligatorio. Che cosa è successo allora?


A sentire i critici il processo in breve è questo: dato che il castello di centrodestra è lì lì per crollare, Paragone gioca a fare il critico con la sua area di riferimento in attesa di capire come girerà il vento e, a quel punto, riposizionarsi. 
In realtà si sta descrivendo come una novità qualcosa che stava avvenendo già nelle ultime puntate della seconda serie de l'Ultima Parola, quando Paragone definì il Premier un "coniglio spelacchiato". E allora delle due l'una, o la Santorizzazione era già cominciata all'epoca bruciando le tappe, oppure Paragone, semplicemente, ha dato voce a quella parte sempre più numerosa del popolo di centrodestra che da anni, a gran voce, chiede che venga rispettato quel patto elettorale costruito sulle basi di uno snellimento burocratico, di una cura dimagrante del pubblico impiego, nella dismissione delle inutili proprietà immobiliari e delle partecipazioni societarie statali e, soprattutto, della riduzione dell'assurdo carico fiscale italiano; tutte cose che questo governo non è riuscito a fare. In democrazia, quando non riesci ad accontentare il tuo elettorato, subisci le critiche e, se non riesci ad invertire la tendenza, non vieni riconfermato sul tuo seggio. Normale, no?


Purtroppo siamo alla fase crepuscolare di quel processo che avevamo sperato ci potesse portare alla realizzazione di quella rivoluzione liberale attuata da un partito liberale finalmente di massa. Le speranze sono state frustrate ed ora il vuoto di autorevolezza politica è pneumatico. 
Per questo credo che Paragone dovrebbe santorizzarsi davvero. Dico sul serio! In una situazione non chiara riguardo le leadership sia del PdL che della Lega, si rischia di gettare via il bambino con l'acqua sporca, cioè di sprecare tutto quello che di buono si è riusciti a creare nonostante tutto, a partire dall'idea stessa di centrodestra. Si corre il rischio, infatti, di una restaurazione della Prima Repubblica sulla pelle dell'elettorato moderato che, sfiduciato e depresso, non andando a votare subirebbe in silenzio.


Cosa ha salvato la sinistra in questi anni di sonore legnate elettorali causate da Segretari mezze calzette? L'idea stessa di essere sinistra, di appartenere ad una stessa cultura; e se la classe politica difettava, i punti di riferimento si andavano a pescare in quel grande bacino di intellettuali (in senso lato) veri o presunti come Santoro, Scalfari, etc.
Bene, noi di centrodestra questo bacino non lo abbiamo ora e non lo abbiamo mai avuto; che forse Paragone punti a riempire questo spazio?


Venerdì prossimo santorizziamoci sintonizziamoci su Rai2 e vediamo.

mercoledì 8 giugno 2011

Ci salveranno le Primarie?

Quanti dottori per questo centrodestra; quanti soprattutto per questo PdL. Vero, quando uno esce con così tante ossa rotte da una tornata elettorale come le scorse Amministrative avrà anche il diritto di essere assistito da un buon ortopedico; e noi di centrodestra non ci accontentiamo mica del giovincello neo-laureato, no: noi chiediamo aiuto direttamente al primario. E, siccome siam berlusconiani fin nel midollo, più che di uomini ci piace circondarci di donne (non una ma tante), chiediamo a gran voce che siano le primarie a salvarci.

Molti commentatori, opinionisti, blogger di centrodestra hanno lanciato perciò una sorta di petizione per chiedere, al vecchio Presidente (o al nuovo Segretario?), che l'istituto delle primarie, sul modello anglosassone (o del PD?), possa divenir prassi per il Popolo della Libertà e, perché no, per il centrodestra tutto (e la Lega?).
Mi perdoneranno i promotori di tale iniziativa dei quali, tengo a precisare, stimo ed apprezzo la gran parte, se credo si siano fatti prendere dallo spirito referendario che pervaderà l'Italia fino al prossimo week-end.

Non sono contrario alle primarie in senso assoluto, sono contrario alle primarie fatte in Italia, tutte, e non sono per nulla convinto che possano rappresentare quell'ancora di salvezza per il Popolo della Libertà come in molti sperano.
Due motivi: il primo, di ordine pratico, riguarda la consapevolezza che le primarie sono, in tutto e per tutto delle normalissime elezioni, con gli stessi problemi di clientele e di “pacchetti” di voti pronti a spostarsi per favorire l'uno o l'altro dei candidati (ricordiamoci lo scandalo dei cinesi assoldati per votare alle primarie del centrosinistra a Napoli); l'unica differenza consiste nel fatto che il suffragio non è universale ma ridotto ad eletti, iscritti, militanti, simpatizzanti, amici, fate un po' voi, di un solo partito o di una coalizione di partiti. Per quale motivo aspettarsi, quindi, che gli elettori scelgano per il “meglio” diversamente da quanto già non fanno nelle comuni consultazioni? Inoltre inseriamo anche il costo per una doppia campagna elettorale; quante persone oneste potrebbero permetterselo?

Secondo motivo, di ordine strettamente politico: come giustamente annotato da Federico Punzi su Jimmomo le primarie hanno un senso solo se inserite in un contesto politico bipolare con legge elettorale tendenzialmente maggioritaria e se, come sembra, il rifugio antiatomico nel quale si ripareranno gli attuali politici dopo la bomba del dopo-Berlusconi sarà un proporzionale più o meno puro, capiamo come si rischi di istituire con le primarie un rito che nasce già stanco e menomato.
Anche se con i migliori propositi, si sta creando una confusione che può avere il solo risultato di rallentare, o peggio, di bloccare quello che davvero sarebbe necessario ad un partito come il Popolo della Libertà, quello a cui e la classe dirigente e i militanti dovrebbero tendere massimamente: creare finalmente une'identità per questo partito – che non è mai stato tale – per far sì che possa assorbire la perdita di quello che ne è stato il padre e fondatore e continuare a proporsi come plausibile alternativa di governo alla sinistra.

Le strade sono due e due sole; ripensiamo alle origini del PdL, costituito da un partito ultra-leggero, dove le cariche hanno sempre contato poco, forse disorganizzato, probabilmente confusionario ma dannatamente agile e snello come Forza Italia oppure un partito più “classico” e definito con tesserati, correnti, congressi e mozioni come Alleanza Nazionale. Il “grande comitato elettorale permanente” contro il partito novecentesco, quindi.
Personalmente sono da sempre maggiormente portato ad apprezzare un qualcosa di magari poco organizzato ma libero e vitale rispetto ad un qualcosa rigido e sclerotizzato che, al solo nominarlo, si sente la puzza di zuppa di broccoli. Nonostante ciò sarei ben felice ti turarmi il naso e trangugiare anche la zuppa di broccoli purché ci si incammini in una direzione chiara e non, come si sta facendo, alla vana ricerca di una “terza via” probabilmente inesistente.

PC

lunedì 13 dicembre 2010

Terzo "pollo" a chi?

Esser democristiani non è difficile e anche se non tutti possono vantare un passato politico nelle fila della storica DC sono in molti a professarsi tali, chi apertamente, chi a mezza bocca, chi di fatto. Addirittura chi ha militato e diretto l'MSI ed è stato allievo del repubblichino Almirante ora si autoproclama moderato...
I "veri" democristiani sono, però, tutt'altra cosa, maestri assoluti dell'arte della sfuggevolezza; nessuno riuscirà mai a far dire ad un democristiano qualcosa che esso stesso non abbia intenzione di rivelare, tentarci è tempo perso.

Questa non può essere un'abilità acquisita, si è così dalla nascita. Sta poi all'appprendista democristiano sviluppare tale dote.
Accade, però, che talvolta l'attenzione possa calare, specialmente in condizioni di forte stress come, ad esempio, quando ciò che il democristiano tiene nella più alta considerazione (la propria poltrona) subisca dei rischi. Quando ciò avviene anche il migliore tra tutti può - attenzione - rivelare almeno in parte quello che sinceramente pensa.


Questo è quanto è successo a Casini in quel di Benevento, dove ha dichiarato che in questo "futuribile" Terzo Polo non crede affatto. In tutta onestà lo stavamo aspettando un po' tutti il Pier; possibile mai - ci chiedevamo - che abbia seriamente intenzione di svendere così il partito che con tanta costanza ha posizionato nella terra di nessuno del Parlamento Italiano?

Non poteva essere ed infatti non è stato.

Accortosi dell'errore è subito corso ai ripari facendo capire che, per carità, i rapporti con Fini non potrebbero essere dei migliori e si è tutti convinti e compatti (?) nel votare la sfiducia di domani. Purtroppo le immagini sono come al solito impietose e ciò che è stato detto è stato detto. La smentita è un altro rito che i veri democristiani celebrano con meravigliosa eleganza. 
Nella realtà è ovvio che, fino al voto di fiducia, Pier non voglia abbandonare a favore di altri tutto il lavoro d'opposizione che l'UDC ha svolto nella legislatura; d'altra parte, al contrario di Fini, lui ha sempre votato contro il Governo, e questo è un nodo centrale di riflessione politica.

Cosa ha da perdere Casini in una guerra di logoramento parlamentare? A dire il vero molto poco, cosa che non si può dire né di Rutelli né, tantomeno, di Fini, il quale comincia a sentire il peso della responsabilità della crisi interamente sulle proprie spalle. Che cosa fa allora Pier? Si dimostra lieto di accogliere sulle sue posizioni i nuovi arrivati ma è pronto a mollarli non appena appaia qualcosa di vantaggioso all'orizzonte come un ingresso al Governo da salvatore della Patria e delle Istituzioni.


E Fini è sistemato: non si andrà a votare ma il progetto di dare "dignità politica" alla scissione che ha compiuto ed alla crisi che ha aperto si squaglia davanti all'incapacità di creare un nuovo soggetto politico dal quale partire per comporre l'embrione della Terza Repubblica. L'onere di dover spiegare l'insuccesso sarà un fardello pesante che non potrà condividere con nessuno.
Casini, seppur prima donna tanto se non più di Fini, ha accettato che un regicidio è impossibile e che Berlusconi lascerà quando sarà lui stesso a deciderlo.

La pazienza è la vitù dei forti, qualcuno non ne ha.

PC


venerdì 10 dicembre 2010

"Caro Renzi, ma come fa uno come lei a stare con i comunisti?"

"Salve, Sindaco. Posso darti del tu? Dammi del tu anche tu."

Diciamolo subito: lo "sbarbatello" Matteo Renzi se la sta ridendo sotto i baffi. In quest'ultimo mese e mezzo che si sta vivendo come il respiro prima del tuffo in attesa del voto di fiducia è riuscito (unico tra tutti) per ben due volte a catalizzare l'attenzione su di sé e su qualcosa che non fossero le scintille Berlusconi-Fini.
La prima, in verità, se l'è cercata fortemente quando ha indossato il caschetto giallo del rottamatore insieme alla meglio gioventù del PD ed ha sparato ad alzo zero contro la dirigenza del proprio partito colpevole, secondo lui, di essersi incartata nella discussione politico-filosofica tra le anime D'Alemiana e Veltroniana della sinistra. Cioè nella fuffa.

La seconda, invece, se fosse stata (come crediamo) preparata ad arte sarebbe da applausi a scena aperta. Non solo è riuscito, come dicevamo, a ritagliarsi il suo spazio di visibilità ma ha addirittura portato un'altra dimostrazione a sostegno della sua tesi riguardo il PD ossessionato da Berlusconi tanto da perdere il contatto con la realtà del Paese. Al di là delle diverse vedute, ci piace questo Renzi.

Non piace, invece, alla nomenklatura dei "dem" italiani. E' stato sufficiente (udite udite) accettare un invito a merenda  da parte del Premier Berlusconi nella sua dimora di Arcore per scatenare le più scomposte reazioni tra i suoi, primo fra tutti il Segretario-senza-giacca Bersani che lo ha rimproverato col suo piglio deciso dicendo che: "la sede opportuna sarebbe stata Palazzo Chigi, se se ne scelgono altre si può capire male". Chissà quindi cosa deve aver capito Bersani. Renzi ha provato a spiegare in numerose interviste (come questa da Mentana al TgLa7) che è normale ed auspicabile che un sindaco di una grande Città abbia dei rapporti con il Presidente del Consiglio, tantopiù che il merito della questione erano dei finanziamenti speciali per il Capoluogo toscano da inserire nel "Milleproroghe". Rimaniamo tuttavia scettici sul fatto che possano e vogliano chiarirsi. E' oggettivamente troppa la differenza nella mentalità, nei modi e nell'approccio alla politica tra chi proviene dalla stanca cultura catto-comunista italiana e chi, al contrario, vive nel terzo millennio.


Oggettivamente, comunque, se Renzi piace al PdL e viene criticato dal PD un problema ci sarà; per lui o per il suo partito è difficile dirlo, rimane il fatto che qualcuno che dichiara "io vado oltre la contrapposizione ideologica. Mi piace parlare concretamente delle questioni che deve affrontare un amministratore" non può che suscitare simpatia nell'elettorato di centrodestra. Forse il problema è in chi ha suscitato antipatia. 


Chissà fino a quando Firenze riuscirà a contenere la sua debordante personalità; in fondo le primarie potrebbero essere dietro l'angolo.


AG